Pianto ed Emozioni

L’ uomo usa il pianto per esprimere la propria emotività. Sin da neonati usiamo le lacrime per esprimere le nostre emozioni ed esternare in modo chiaro e preciso i nostri bisogni generando una sorta di empatia negli individui che ci stanno vicini.

 

Le lacrime esprimono ciò che tramite le parole non riusciamo ad esternare: quando un neonato ha fame e non ha ancora l’uso della parola piangerà per attirare l’attenzione della madre perché sa inconsciamente che lei sentirà il suo richiamo e subito sarà pronta ad accudirlo. Quando siamo adulti non è sempre facile esprime ciò che si prova tramite le parole ed è altrettanto difficile che la persona con cui ci stiamo confrontando riesca a cogliere esattamente ciò che proviamo. Se invece piangiamo, scateneremo subito nella persona che abbiamo di fronte il ricordo di quell’ emozione che nella sua vita ha provato e riuscirà ad entrare in contatto empatico con noi, anche grazie ai neuroni specchio.

 

Il pianto è anche un linguaggio universale: qualora non si parlasse la stessa lingua con il pianto si riuscirebbe comunque ad esprimere all’ altro ciò che si prova. Forse è una delle prime comunicazioni, ancor prima della parola o dei gesti; esso ha  un messaggio preciso ed inequivocabile.

 

Le lacrime portano con sè la compassione, dal latino cum=insieme patior=soffro. Le persone compassionevoli sono coloro che riescono realmente a partecipare alla sofferenza dell’altro. Si tratta di un atteggiamento difficile da riscontrare perché oggigiorno le persone sono molto più concentrate sulla propria individualità e hanno perso quel senso di vera e fraterna unione nei confronti dell’altro. Il pianto riesce a scatenare questo nobile atteggiamento nella persona che abbiamo di fronte e quindi oltre a far bene a chi sta piangendo aiuterà anche l’altro a riscoprire la compassione dentro di se.

pianto

La maggior parte delle persone dichiara di sentirsi meglio dopo aver pianto. Non è ancora chiaro cosa scateni il pianto emotivo ma per le conoscenze che abbiamo oggi l’essere umano è l’unico che “butta fuori” le emozioni piangendo; è qualcosa di straordinario che non si riscontra nelle altre forme viventi. Tutto ciò mi porta a pensare che il pianto sia uno strumento potente, che non va represso ma va utilizzato per imparare a conoscerci ed ascoltarci.

Più una vita sarà difficoltosa e ricca di eventi traumatici, più l’essere umano sarà chiamato a crescere, a cambiare punto di vista, a rivalutare ciò che realmente è importante nella vita. Una vita lineare non potrà mai portare un uomo ad evolversi dal punto di vista emotivo e spirituale.

 

E’ la sofferenza e l’ insoddisfazione a far sì che una persona vada oltre l’ordinario ponendosi le giuste domande e cercando le risposte in primis dentro di Sè.

Mentre si piange si è in un particolare stato in cui non vi è la piena consapevolezza del corpo e della realtà che ci circonda e ci si lascia andare a un qualcosa di più forte e apparentemente incontrollabile. Questo ci fa comprendere quanto siamo in realtà vulnerabili di fronte agli eventi inaspettati della vita che vanno accolti senza opporre resistenza, avendo fiducia di ciò che il futuro e la vita hanno in serbo per noi.

Le emozioni, se mal gestite, possono ostacolare la nostra crescita. Il compito di ognuno di noi è capire come funzionano ed elaborarle senza che esse condizionino le nostre scelte e decisioni. La mente di chi intraprende un percorso di crescita dovrebbe essere libera e recettiva; l’intuito non dovrebbe essere ostacolato da istinti o emozioni, ed è importante imparare a gestirli senza farsi sopraffare da essi.

 

“La mente, come i metalli e gli elementi, può essere trasmutata: da stato a stato, da grado a grado, da condizione a condizione, da polo a polo, da vibrazione a vibrazione. La vera trasmutazione ermetica è un’arte mentale.”

I tre Iniziati – Kybalion

 

 

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